“Date loro voi stessi da mangiare“
(Commento du Luca 9,11-17)
A volte noi pensiamo che la fede e la religione servano principalmente per assicurarci un bel posto in paradiso. Una certa educazione cattolica ci ha insegnato che quello che conta è riuscire a salvarci, ad essere cioè felici nell’altra vita, perchè comunque questa vita è “una valle di lacrime” dove è impossibile incontrare la felicità. Allora ci hanno insegnato a rassegnarci ed ad accettare con pazienza la nostra condizione di povere creature destinate a vivere una esistenza in cui i momenti di prove, di difficoltà di fatiche, di lotte, di ansietà ,di angoscia, di paura, di sofferenza, sono molto più numerosi che i rari e fugaci momenti di gioia e di felicità . Dato dunque che la vita è così dura, ci hanno insegnato ( i nostri genitori, i nostri maestri , i nostri catechisti e sopratutto, i nostri preti) ad aggrapparci con tutte le forze alla nostra fede cristiana nella quale dobbiamo trovare la forza ed il coraggio di cui abbiamo bisogno per accettarre e sopportare il peso e le calamità della vita.
Nell’educazione cristiana che abbiamo ricevuto ci è stato inoltre insegnato che oltre ad una fede forte, un buon cristiano deve anche possedere la virtù della speranza. La speranza è infatti una virtù che ci permettere d’accettare i dolori presenti, perchè siamo convinti che un giorno la sofferenza cesserà e che Dio, nella sua bontà, concederà a tutti, dopo questa vita terrena, una esistenza completamente felice. Anzi, concederà a tutti una esistenza in cui l’intensità della felicità sarà proporzionata alla quantità di sofferenze che avremo sopportato con fede e rassegnazione. Quante volte abbiamo sentite dire che la felicità non è di questo mondo, che la sofferenza è preziosa, che la sofferenza è addirittura un dono di Dio (papa Gian-Paolo II !) che la sofferenza è un potente strumento di santificazione; che la sofferenza è il mezzo più efficace e sicuro per guadagnarci il paradiso !!!!
Eppure, malgrado l’insegnamento della Chiesa sul valore della sofferenza, nella realtà della vita quotidiana, nessuno di noi accetta di soffrire; nessuno si rassegna a soffrire ; nessuno vuole soffrire. Nonostante tutto quello che possano dire i preti o la religione, o un certo tipo di spiritualità molto popolare nel passato, la sofferenza possiamo al limite sopportarla, ma non sarà mai possibile cercarla apposta ed amarla. E ciò perché non è umano voler soffrire ! Anzi, se c’é una cosa che tutti detestiamo e che tutti vogliamo evitare ad ogni costo, è proprio il dolore e tutto ciò che comporta di malattia, di prove, di disgrazie, d’insuccesso, ecc..Tutti vogliamo stare bene, vivere in buona salute; tutti aspiriamo a trascorrere una vita serena, tranquilla, riuscita. Tutti vogliamo sperimentare un pò di felicità. non soltanto nell’altra vita, ma qui, adesso, subito. Infatti ci sembra ovvio pensare che se Dio è davvero un esser buono e un padre che ama i suoi figli, deve amarli subito, deve amarli fin da adesso e volere la loro fecita già in questa vita e che non aspettare che muoiano per renderli felici.
Domandiamoci: è davvero anticristiano desiderare essere felici subito e non soltanto nell’altra vita? Andiamo davvero contro l’insegnamento di Gesù di Nazaret quando aspiriamo ad un pò di felicità anche in questa vita? È davvero anticristiano e anticattolico odiare e dichiare guerra al dolore e alla sofferenza? Se odiare la sofferenza è ed anticristiano, anticattolico ed antipapale, allora dobbiamo ammettere che anche Gesù era anticristiano, anticattolico ed antipapale , perchè, a farlo, apposta , proprio nel vangelo di oggi Gesù sembra insegnare che la felicità dell’uomo non è qualcosa riservato all’altra vita, ma una condizione ed uno stato di vita che devono essere realizzati adesso, in questo spazio di tempo che ci è dato di vivere. Gesù nel vangelo di oggi sembra volerci dire che la felicità dell’uomo è per adesso e non per domani; per il presente e non per il futuro; per questo nostro tempo e non per l’eternità. É già qui, adesso, in questo tempo che ci è dato di vivere, che ognuno di noi deve poter mangiare a sazietà; trovare tutto ciò di cui ha bisogno per raggiungere il suo benessere, per assicurare il suo sviluppo la sua salute, la sua riuscita, il suo compimento e la sua felicità !
Il Vangelo presenta continuamente Gesù circondato da tutta un umanità sofferente. È tutta gente ammalata, sofferente, stanca, spossata, smarrita; gente che non sa dove andare; che non sa cosa fare; che è in cerca di qualcosa che non riesce a trovare. Proprio come spesso capita anche a noi quando ci sentiamo soli, abbandonati a noi stessi, trascurati e incompresi dal marito, dalla moglie, dai figli, dagli altri; quando ci sentiamo inutili, senza scopo; quando ci sentiamo vulnerabili, deboli, senza difesa, impotenti davanti al male, alla disgrazia, alla malattia, alla solitudine, alla vecchiaia, alla morte....
Questa umanità che circonda Gesù e che ha fame e sete di comprensione, di rispetto, di considerazione, di compassione, di conforto, d’amore, di pace e di felicità, di vita assicurata, siamo tutti noi.... rappresenta ognuno di noi. Niente è cambiato dal tempo di Gesu ad oggi ! Anche noi abbiamo fame: anche noi vorremmo tanto poterci sedere tranquilli sull’erba verde di questa nostra vita terrena per gustare il pane della felicità fino ad esserne sazi.
Davanti a tutta questa povera gente affamata di felicità, Gesù avrebbe potuto acconsentire alla proposta dei suoi amici di lasciar perdere, di lavarsene le mani :“Certo, questa gente ha fame e sete, Signore, sono spossati, stanchi , sbattuti e sofferenti... ma che ci possiamo fare ? È la vita! Non tocca a noi aiutarli; non è nostro compito, ciò va al di là delle nostre responsabilità e competenza ... e comunque non ne avremmo neppure nè i mezzi nè le possibilità! ... Per questo c’è il Governo; c’è l’Assistenza Sociale ; c’è la Croce Rossa; la San Vincenzo, ci sono gli Organismi ufficiali o umanitari d’Assistenza e di aiuto...”
Ma nonostante tutti questi bell argomenti che servono soltanto a giustificare il nostro egoismo, il nostro menefreghismo, la nostra pigrizia ed il nostro disimpegno, nel vangelo di oggi la parola autoritaria e sconvolgente di Gesù ci copisce come un pugno in piena faccia: “ Voi, date loro da mangiare ! Voi !!! Non il governo, nè nesssun altro organismo ! Ma voi, date loro da mangiare. Ognuno di voi è responsabile della felicita`del proprio fratrello” Nessuno deve avere la faccia tosta di dire che non può fare niente per il proprio fratello, perché nessuno di noi è mai così povero da non riuscire a fare qualcosa per il proprio fratello, non fosse altro rivolgergli uno sguardo di compassione, un parola buona, un sorriso di simpatia ed un piccolo gesto di aiuto !!! Nessuno, nella vita possiede così poco pane che non gliene scappi fuori neppure un boccone da spartire con il proprio fratello! Perché, in realtà, ognuno di noi, anche se si sente sprovvisto di mezzi, non è mai così miserabile che non sia capace di trovare nelle riserve segrete del suo cuore quel tanto di bontà, di altruismo, di generosità, di compassione capaci di portare un pò di sollievo e di felicità al proprio fratello .
Il pane dell’amore e della compassione è sempre sufficiente per tutti quando noi siamo capaci di farlo lievitare all’interno del nostro cuore. Gesù vuole così farci capire che la felicità dell’uomo non è soltanto nelle mani di Dio, ma che è sopratutto e anzitutto nelle nostre mani, perché ognunoi di noi è responsabile della condizione di benessere o di malessere, d’ infelicità o di felicità del nostro prossimo . Che l’uomo sia felice o infelice su questa terra; che l’umanità continui a vivere e a prosperare, oppure corra verso la sua estinzione e la sua rovina...dipende dall’impegno che ognuno di noi, a livello personale, sociale, politico, nazionale ed internazionale, avrà meso per garantire a tutti il cibo, (cioè la sicurezza, la pace, l’aria buona, l’acqua potgabile,una terra abitabile, ecc. ) di cui ognuno ha bisogno per continuare a vivere felice in questo mondo.
MB
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