(Rifessione sulla festa
della Trinità - 2018)
Il dogma della Trinità di
Dio è stato definito, proclato dal Concilio di Nicea e imposto obligatoriamente
a tutta la cristianità da un editto dell’Imperatore Costantino (325).
In questa riflessione prescinderò
dalle situazioni e dalle condizioni storico-politiche della convocazione e dello svolgimento di questo Concilio sul
quale ci sarebbe enormemente da dire e
da ridire quanto alla rappresentatività dei partecipanti, alla libertà
e alla trasparenza dei dibattiti,
alla obiettività e all’onestà delle
conclusioni . Mi limiterò qui ad alcune considerazioni di carattere teologico,
antropologico e cristiano.
La festa della Trinità, che conclude il
periodo liturgico degli
avvenimenti pasquali, sembra essere messa lì apposta per invitare i
cristiani a riflettere sul mistero di Dio che deve ormai sostenere il loro
vivere quotidiano. La Chiesa però non propone qui un Dio nuovo, sorprendente,
che deve essere continuamente cercato e scoperto, ma un Dio senza sorprese, già bello e fatto, tutto bello preparato
da esperti teo-logi che sono riusciti a impadronirsene e , non si
sa come, a entrargli dentro, a studiare e analizzare minuziosamente la sua
composizione interna, così da riuscire a capire e a descrivere per filo e per
segno come Dio è fatto, come funziona e a consegnarcelo alla fine tutto bello confezionato, con l’aggiunta di
istruzioni per l’uso ed il consumo.
Aprendo e analizzando il contenuto di questo pacchetto dogmatico confezionato a Nicea , si può
constatare che il Dio cristiano,
scoperto dai teologi di questo concilio, non è affatto il Dio unico e personale dell’Antico Testamento
o della
religione ebraica, ma una «struttura divina» composta di tre divinità, che si comportano
comme delle persone uguali e distinte, unite in relazioni indissolubili nell’unica
sostanza o essenza divina. Si scopre che Gesù di Nazaret è una di queste
persone divine, inviata sulla terra con una natura umana per redimere l’umanità
; che l’uomo Gesù è però sempre rimasto Dio, incarnazione di Dio, Dio da Dio,
generato e non creato, della stessa sostanza di Dio e unito a Dio “senza confusione”, “ senza cambiamenti”,
”senza divisione” e “senza separazione”, come dirà poi il Concilio di Calcedonia (451) .
La
Chiesa è convinta che quanto in questi concili è stato detto e proclamato su
Dio, corrisponde veramente alla realtà dell’Essere divino. È convinta cioè che
esiste una perfetta corrispondenza tra le descrizioni della natura di Dio
immaginata dai suoi teologi e ciò che Dio è effettivamente e realmente in sè stesso .
La
religione cristiana è dunque fondata sulla certezza e sulla convinzione che,
per quanto riguarda Dio, esiste una perfetta adeguatezza fra le idee, i concetti e le immagini
contenute nei cervelli dei padri conciliari e la realtà obiettiva della sua natura. È interessante però notare che la Chiesa, la quale fino ad oggi ha imposto ai cristiani
la fede nella concezione trinitaria di Dio definita a Nicea, non è mai riuscita
a spiegare loro su quali basi e su quali argomenti essa fonda questa perfetta
corrispondenza o adeguatezza .
Oggi, noi moderni, non
possiamo che stupirci davanti alla presunzione di una Istituzione religiosa che crede di
possedere la formula autentica, immutabile e perenne della composizione e della definizione del Mistero Assoluto e Insondabile
che è Dio . Questa convinzione spiega
perchè la Chiesa continui ad esigere dai suoi fedeli
una adesione incondizionata e cieca al
dogma trinitario. Essa agisce
come se pensasse che l’umanità dovrebbe essere eternanamente riconoscente
verso i padri di Nicea che sono riusciti a risolvere, una volta per sempre, il mistero di Dio. Grazie a loro, Dio non
sarà più un mistero per nessuno e
certamente non per i cristiani cattolici . Ormai non ci sarà più bisogno di
cercare Dio. Dio è già stato trovato e, per di più, vivisezionato. La conoscenza
del mistero di Dio è ormai disponibile per tutti, alla portata di tutti,
ventilata nei decreti imperiali (dogmi) elaborati dai concili del quarto
secolo.
Malgrado l’ostinazione con
la quale la religione cristiana continua a fare
del dogma trinitario il perno ed la condizione dell’ortodossia , è un
fatto che questo antico modo di pensare e di spiegare la natura di Dio e di
Gesù di Nazaret non fa più senso per noi moderni. I cristiani del nostro tempo vogliono avere la libertà di dire Dio e di parlare di
Gesù in una lingua che capiscono e usando idee, concetti, immagini e un vocabolario che
corrispondano e che riflettano la loro sensibilità , le loro conoscenze e la loro
cultura.
Oggi la riflessione umana è giunta alla
conclusione che ognuno ha il diritto di farsi l’idea di Dio che più gli
conviene e lo soddisfa. E questo perchè il Mistero Assoluto, che noi chiamiamo
“Dio”, è per definizione ciò di cui nessuno sa assolutamente nulla e del quale nessuno
può affermare nulla con certezza. Infatti , tutto quello che si può dire, pensare
o immaginare di Dio, è sempre e soltanto rutto della supposizione , della disquisizione
e dell’immaginazione umane; frutto dunque che non può essere nè confermato nè contradetto
da nessuno, perchè nessuno possiede nè prove , nè argomenti, nè ragioni valide per
poterlo fare. Nessuno può dire ad un altro:” Il
tuo ritratto di Dio è tutto sbagliato, non corrisponde alla verità
; mente il mio è esatto e preciso, come una fotografia ». Un discorso di questo
genere è totalmente insensato, perchè
nessuno ha mai visto Dio e nessuno sa quali siano i veri tratti del suo volto. Finalmente
aveva ragione la mia anziana zia che, ricca di una saggezza semplice e profonda, soleva calmare i miei ardori di
saccente e giovane teologo, dicendomi :« Sai, Bruno, Dio è come il diavolo: ognuno se
lo dipinge come gli pare e piace! ».
Oggi tutti sanno che nell’Universo non esiste nulla
di inalterabile, fisso, immutabile e definitivo. Niente dura per sempre. Nemmeno l’idea e l’immagine che una civiltà,
una epoca storica, una cultura, una religione si fanno di Dio. Affermare il contrario, come sembrano farlo la religione per i suoi dogmi e le sue “verità eterne”, è
pura assurdità. È dunque normale che le idee, le mentalità, le conoscenze
evolvano, cambino, si trasformino con il passare del tempo, con il progresso delle
scienze, delle conoscenze e le nuove scoperte del mondo nel quale viviamo .
E poichè è un fatto assodato
che da sempre il concetto e l’immagine
di Dio dipendono dal concetto e dall’immagine che l’uomo si fa dell’Universo, è dunqe normale che anche l’idea e la rappresentazione di Dio cambino con il progresso
delle conoscenze e l’evoluzione della comprensione che l’uomo ha del cosmo nel quale vive.
Per usare un termine erudito,
oggi gli antropologi dicono che i nostri “paradigmi” cognitivi , ( il
modo con cui capiamo, interpretiamo , spieghiamo e ci mettiano in relazione con la Realtà,
cioè l’Universo, l’uomo e Dio ) cambiano
in continuazione secondo le epoche storiche. Ne consegue che oggi, come non si può più immaginare ,
spiegare, parlare dell’Universo come lo facevano i nostri antenati di
500, 1000, 2000 anni fa, così non si può
più pensare, immaginare e parlare
di Dio come lo si faceva nel passato: i «paradigmi» sono cambiati.
Questo detto, sarà bene
anche tener presente che rifiutare le immagini e le idee su Dio elaborate dalle
culture antiche e spesso ancora proposte ed imposte dalle religioni attuali ,
non significa essere atei (nel senso cioè di non
credere all’esistenza del Mistero Supremo ed Ultimo del Cosmo a cui si è dato tradizionalmente il nome di “Dio”) . Oggi molta
gente che si dichiara atea, spesso lo è soltanto culturalmente,
«religiosamente» , ma non veramente. Molti “atei” moderni (specialmente le giovani
generazioni) non rigettano l’idea di Dio, ma unicamente l’idea o la rappresentazione
puerile, fantasiosa, mitica e antropomorfica di Dio elaborata ed imposta dalla
religione, e alla quale sono incapaci di dare il loro assenso . E chi potrebbe
biasimarli !
I cristiani che oggi non riescono più ad accettare
l’arcaica e superata descrizione di Dio contenuta nel dogma della Trinità, non sono da trattare come fossero degli eretici o dei
miscredenti, come le autorità ecclesiastiche sono purtoppo incline a
farlo. Devono piuttosto essere trattati
con rispetto, ammirazione ed essere considerati come cristiani autentici
e forse migliori degli altri, dato che
si preoccupano di rendere accettabile e attraente alla loro mente ed amabile e
caro al loro cuore il mistero di Dio nel
quale vogliono continuare a credere.
La festa cristiana della Trinità dunque , se la vogliano mantenere, la dobbiano reinterpretare
, la dobbiamo convertire, darle un nuovo volto, un nuovo contenuto, in
armonia con la nostra ultura , la nostra mentalità, la nostra sensibilità e
le nostre nuove conoscenze del mondo. Adattata , questa festa può forse dirci
ancora ualcosa sul Dio di Gesù, di cui
parlano i Vangeli. Un Dio che in questo
dogma trinitario è immaginato ome un
fantastico vortice di relazioni amorose che si attirano e si vincolano
reciprocamente, in modo tale che da esso tutto il creato prende forma e
sussistenza.
Rivisitata in chiave moderna , questa festa, anche
se consunta dall’uso e da una forma scaduta di fede, è ancora capace di annunciare
qualche cosa di bello e di buono ai cristiani del nostro tempo. Essa può dire
loro che il Mistero Ultimo, che la religione cristiana identifica con il
Dio-Trinità, è un
Mistero d’amore, d’incanto, d’attrazioni e di relazioni che contengono le dinamiche
che presiedono allo sviluppo, all’evoluzione e alla riuscita della vita in
noi, sul nostro pianeta e in tutto
l’Universo.
Se il nostro mondo si salverà o perirà, dipenderà
in gran parte se noi uomini riusciremo o no a dare alle nostre
relazioni (con gli altri uomini, con il medio ambiente e con il Cosmo) le
caratteristiche delle relazioni amorose che gli uomini hanno immaginato
esistere in seno alla vita (trinitaria) di Dio.
Bruno Mori - Montréal -
maggio 2018
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