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lundi 2 décembre 2013

Dio viene per chi sa aspettarlo


Per una spiritualità dell’Avvento


Se noi potessimo  andare indietro nel tempo e tornare vivere nella Palestina del tempo di Gesù, ci accogeremmo subito di alcune cose. Ci accorgeremmo prima di tutto che la Palestina era un paese  occupato da una potenza straniera detestata da tutti (un po’ come gli irakeni detestano gli americani). Noteremmo poi che la gente viveva in una stato di paura.e di insicurezza continue; sottomesse al capriccio e alla forza brutale del potere di Roma. Capiremmo allora perchè il popolo ebreo fremesse sotto il giogo dell’esurpatore; perchè si avvertisse in tutti una forte aspirazione alla libertà; un intenso  desiderio di porre un termine all’oppressione e alla chiavitù ; perchè si sentisse parlare un po’ ovunque di liberazione, di tempi migliori, di un modo di vivere nuovo, diverso e si aspettasse la venuta di un capo, di un condottiero, di una specie di  messia che guidasse e organizasse finalmente la rivolta contro l’invasore, ridando a tutti vita, speranza e libertà. Ai tempi di Gesù  la gente della Palestina era talmente stanca di subire lo sfruttamento e le vessazioni dell’invasore che si poteva quasi toccare con mano la tensione che c’era nell’aria e l’impazienza di tutti di vedere arrivare tempi migliori.

Penso che neppure Gesù abbia potuto sottrarsi a questa aspettativa generale.  Anche lui è stato, per così dire, contagiato da questa atmosfera. Egli però ha trasformato il desiderio e l’attesa di una liberazione politica e materiale, in un desiderio e in un’attesa di liberazione religiosa e spirituale. Gesù infatti ha capito e ha cercato di far capire agli altri che non si  risolve niente a voler scacciare la violenza e la brutalità con altra violenza e altra brutalità; ma che è anzitutto necessario scacciare il male e la propensione alla violenza che esistono nel cuore dell’uomo. Se infatti l’uomo rimane così com’è, se l’uomo non cambia interiormente, tutte le rivoluzioni, tutti i migliori programmi di rifoma politica e sociale non servono a nulla. Possono costituire forse un miglioramento provvisorio, portare un certo sollievo momentaneo, ma non miglioreranno in una maniera stabile e definitiva la condizione del genere umano. Gli uomini non perderanno mai la voglia di affrontarsi , di battersi, di opprimere. Altri esseri umani continuerano sempre ad essere oppressi, a soffrire e a perire fin tanto che non verranno sradicati il male, la cattiveria, l’avidità, la sete di potere che si annidano nelle profondità del cuore umano. Gesù aveva capito che è il cuore umano la causa e l’origine di tutto il bene o di tutto il male che si fanno nel mondo.

Gesù però era un ottimista. Egli era convinto che gli esseri umani sono fondamentalemente buoni, dato che sono creature di Dio e che spesso sono soltanto gli avvenimenti o le circostanze penose, difficili, dolorose della vita che li rendono cattivi. Gesù non soltanto nutriva una grande stima e un grade rispetto per ogni persona umana, anche quella più misera, più  squallidae più rigettata  , ma era convinto che nell’essere più abbietto rimane sempre una scintilla di bontà che basta saper  stimolare con un pò d’amore per riaccendere in lui il desiderio del bene ed il fuoco della bontà. Ecco perché Gesù cercava in tutti modi di far scoprire ai suoi la grandezza  e la dignità che ognuno possiede come persona, come essere umano creato, voluto e amato da Dio. Ecco perchè egli cercava di far capire a tutti coloro che lo scoltavano, che la parte migliore di ognuno di loro era ancora nascosto dentro il loro cuore e che era necessario  tirarla fuori, metterla in  luce,  farla nascere;.perchè il migliore di noi è quello che non se vede; che deve ancora venire; e che se noi lo vogliamo e lo desideriamo veramente, possiamo  diventare delle creature nuove e migliori di quello che siamo al momento presente.

Gesù di Nazaret era un uomo talmente affascinato da Dio, talmemte assorbito dalla sua presenza, talmente sicuro della sua  bontà nei nostri confronti , che era convinto che Dio in persona sarebbe intervenuto per ridare all’uomo un’esistenza  migliore; per liberarlo dalla sua condizione di sofferenza e di schiavitù; per aiutarlo a rifare dall’interno il suo cuore  per farlo vivere felice nel suo Regno di giustizia e di pace. In un certo senso Gesù è stato un grande idealista e un grande visionario. Ha trasmesso agli uomini di tutti i tempi una  grande fede e una grande speranza. La fede e la speranza  nella possibilità  di un mondo più buono, più giusto e più perfetto. La fede nelle capacità dell’uomo a trovare la strada della sua liberazione, del suo  compimento e della sua salvezza.

L’attesa e l’aspettativa di un mondo nuovo e di tempi nuovi erano così forti e così  intense tra i cristiani dei primi  decenni dopo la morte di Gesù, che costoro erano convinti  che il mondo stesse davvero per finire; che la fine del mondo fosse davvero imminente L’apostolo Paolo, per esempio, in una lettera ai fedeli di Tessalonica, scritta una ventina d’anni dopo la morte di Gesù, cerca di soddisfare la curiosità semplice ed un po’ ingenua di quei cristiani che volevano sapere in che modo sarebbe avvenuta la fine del mondo, inventandosi uno scenario fantastico e stravagante:”Il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell'arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo;quindi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro tra le nuvole, per andare incontro al Signore nell'aria, e così saremo sempre con il Signore”.

Da quei tempi lontani fino ad oggi, l’attesa è diventata l’atteggiamento tipico del cristiano e ha trovato la sua espressione e la sua consacrazione nel tempo liturgico dell’Avvento. Avvento significa venuta. Durante il tempo liturgico che precede immediatamente il Natale, noi cristiani siamo invitati a ravvivare la nostra speranza e a impegnarci con ardore a far venire il mondo migliore che tutti sognano e che tutti desiderano. Siamo invitati a aprire il nostro cuore a Dio che si propone di nascere in noi e di venire a trasformare continuamente la nostra vita con la grazia della sua presenza. Il Signore viene nella nostra vita ogni volta che amiamo. Viene ogni volta che diamo, ogni volta che aiutiamo. Viene ogni volta che ascoltiamo, ogni volta che siamo attenti ai bisogni e problemi e alle sofferenze del prossimo. Viene ogni volta che perdoniamo, ogni volta che sorridiamo. Viene nei momenti d’intimità, di gioia, di festa .Viene ogni volta che preghiamo. Viene quando siamo riuniti nel suo nome. Viene nei momenti di prova, di sofferenza e di malattia. Viene sempre nell’ora della nostra morte.


Dobbiamo solo essere  attenti ai segni della sua venuta nella nostra vita.

MB

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