Rechercher dans ce blog

jeudi 5 juin 2014

DENARO E CRISTIANESIMO



Il cristianesimo, movimento spirituale nato più di duemila anni fa dall’azione e dalla predicazione di Gesù di Nazaret condannato a morte e giustiziato a causa del contenuto non conformista, contestatore e quindi perturbatore delle sue idee, porta necessariamente in se stesso il carattere provocatorio che il suo Fondatore gli ha conferito. Questo movimento propone una revisione e una riorientazione radicale di tutti gli atteggiamenti interiori dell’uomo e dunque anche un cambiamento del modo di rapportarsi agli altri. Ciò ha come conseguenza di mettere spesso il cristiano all’opposto della mentalità e della prassi correnti. Questo è particolarmente vero per il rapporto del cristiano con il denaro.

Il cristianesimo si distingue dalle altre grandi religioni del mondo per la preminenza e l’importanza che esso dà all’amore nella vita dei suoi seguaci. Al centro del messaggio di Gesù di Nazaret c’è l’affermazione che l’Energia Originale (Dio) che sorregge l’esistenza e l’evoluzione del cosmo, è essenzialmente una Energia d’amore e che la « relazione-attrazione » d’amore è la forza che struttura fondamentalmente tutto ciò che esiste. Gesù afferma che questa Energia d’amore è particolarmente attiva nell’essere umano. Per il Nazzareno, l’amore dunque sembra essere il fattore strutturante della persona umana, che non ha né senso né valore che nella misura in cui essa diventa amabile e capace di amare. Secondo il suo insegnamento la società degli uomini non è veramente umana che se le relazioni che vi si stabiliscono sono ispirate dall’amore e sono il risultato dell’amore. O, detto in altro modo, secondo Gesù una società che non si lasci condurre dalla logica e dalle esigenze dell’amore non è una società umana. I cristiani, in quanto discepoli di Gesù, sono dunque persone che hanno adottao questa visione e che cercano di applicarla nella loro vita. Vivere per amare e amare per vivere : tali sono le condizioni di una vita autenticamente umana. Tale è anche il significato profondo dell’impegno che il cristiano ha preso accettando di farsi condurre dallo spirito del Maestro di Nazaret.

I vangeli, fonte principale delle informazioni sulla vita di Gesù di Nazaret, lo presentano come l’uomo dai due grandi amori : amore di Dio e amore del prossimo. Gesù non si è legato a niente altro. Ha vissuto in un distacco completo e in una libertà totale nei confronti dei beni materiali. I vangeli lo descrivono come un povero, un itinerante senza fissa dimora; che non ha dove posare la testa; che non ha alcun mezzo di sussistenza; che non vive che di quello che la gente (soprattutto le donne) gli danno; che preferisce la compagnia della gente di strada, soprattutto dei poveri e dei malfamati, a quella dei ricchi e della gente perbene. Questo comportamento corrispondeva in lui a una scelta volontaria e cosciente di vita. Era convinto, in effetti, che la povertà, intesa come non-attaccamento ai beni materiali, dà una libertà che è essenziale e indispensabile alla nascita di una ricca spiritualità e alla creazione di una autentica umanità. È per questo che dichiarerà beati i poveri, che metterà in guardia i ricchi, e che condannerà apertamente e categoricamente il potere dato dal denaro, soprattutto se questo potere si trasforma in strumento di dominio, di oppressione, di sfruttamento dei più deboli e dei più piccoli.
Nei vangeli, tuttavia, Gesù non se la prende tanto con il denaro in quanto tale, ma con l’idolatria del denaro; cioè con il denaro considerato come bene supremo e fine ultimo dell’agire umano. Gesù si erge contro il denaro accumulato inutilmente e che non è condiviso con coloro che ne hanno bisogno per vivere. Come conseguenza, mette in guardia contro la cupidigia, quando essa diventa idea fissa, ossessione, frenesia, angoscia di possedere che offusca lo spirito e impedisce di essere liberi e umani.
Prima di andare più avanti con la mia riflessione, voglio avvertire il lettore che quando qui si tratta di « ricchi », mi riferisco a coloro che possiedono in eccedenza denaro o beni materiali di cui non hanno bisogno per vivere, ma che accumulano per cupidigia o avarizia.
Secondo Gesù di Nazaret la dinamica dell’amore che deve ispirare il comportamento del discepolo, dovrebbe impedire di diventare ricchi, perché ci sono sempre poveri che hanno bisogno di denaro per vivere. Gesù ha affermato chiaramente che essere ricco e essere suo discepolo sono due cose incompatibili : Se vuoi essere mio discepolo, va, vendi tutto ciò che hai, dallo ai poveri, poi seguimi ... È impossibile a un ricco entrare nel Regno di Dio ». Se il cristiano vuole essere fedele allo spirito e alle raccomandazioni del suo Maestro, dovrebbe comportarsi nei confronti dei beni non come un proprietario ma come un amministratore, perché il di più o il troppo denaro che possiede non è suo, ma appartiere di diritto ai poveri. In effetti, se il cristiano vuole veramente orientare la sua vita secondo la dinamica dell’amore, deve fare in modo che il denaro di cui non ha bisogno per vivere sia a vantaggio di coloro che, invece, ne hanno bisogno per andare avanti. In effetti, è tipico dell’amore preoccuparsi degli altri più che di se stessi e condividere tutto  ciò che si è e tutto ciò che si ha con le persone che si amano. Il discepolo che aderisce alle idee di Gesù e all’etica dell’amore che lui propone, sente che non ha più il diritto di essere ricco. Si percepisce come una cellula di un grande corpo o come un vaso comunicante di un sistema in cui l’abbondanza che esiste in una parte deve automaticamente e necessariamente andare a compensare la mancanza che esiste in un’altra.
Ciò che è drammatico nella storia del cristianesimo è constatare che la Chiesa ufficiale, che si presenta come l’Istituzione che continua e mantiene vivo lo spirito di Gesù, è stata, nei fatti, quella che più si è  allontanata dall’insegnamento del suo Maestro in materia di ricchezza e di denaro. Essa ha talmente frequentato i potenti di questo mondo, si è talmente lasciata sedurre dall’attrattiva del potere, del lusso, delle comodità e del prestigio che il denaro conferisce, che ha decisamente messo da parte interi brani del vangelo su questo argomento. Non solo non ha mai preso sul serio l’evidente condanna della cupidigia che si trova nei vangeli, ma ha osato costruire un sistema etico che propone esattamente il contrario di ciò che Gesù ha insegnato. Mentre Gesù affermava l’incompatibilità tra essere ricco e essere suo discepolo, la Chiesa ammette, come la cosa più normale del mondo, che non soltanto è possibile essere cristiano e ricco, ma che esiste per i cristiani ricchi un diritto di proprietà e che questo diritto è sacro. Secondo l’insegnamento della chiesa il cristiano ha dunque il diritto di tenere per sé tutto ciò che possiede, se lo ha acquisito onestamente. I poveri, coloro che non posseggono niente, non hanno alcun diritto sui beni di coloro che possiedono molto o addirittura troppo. Secondo la dottrina della chiesa coloro che possiedono molto o troppo non hanno obblighi verso coloro che non possiedono niente. L’aiuto che eventualmente i ricchi danno ai poveri è lasciato alla loro spontaneità e alla “bontà” del loro cuore. In questa etica ecclesiastica, l’elemosina è presentata come un’opera eminentemente santa e meritoria, perché espressione della compassione e della pietà che la fede cristiana ha saputo suscitare nell’anima dei ricchi. In effetti, questi “ricchi cristiani” che fanno la “carità” non danno che le briciole di un pane immangiabile e da molto tempo indurito in fondo a un cassetto.
Il cristiano che oggi vive dello spirito di Gesù non può impedirsi di vedere nell’elemosina dei ricchi un gesto rivoltante e scandaloso che serve non soltanto a perpetuare un atteggiamento di arroganza e una situazione di superiorità e d’ingiustizia, ma anche a dare buona coscienza a dei colpevoli e a giustificare il diritto che i ricchi pensano di avere di serbare per sé dei beni che non appartengono loro e che dovrebbero normalmente essere dati ai poveri.

Roger Lenaers nota che mentre l’etica della Chiesa sostiene il diritto alla proprietà, l’etica dell’amore, proclamata da Gesù di Nazaret, propone una proprietà senza diritto. Questa etica dell’amore e della proprietà senza diritto è stata praticata nei primi tempi del cristianesimo dalle prime comunità cristiane di Gerusalemme e della Palestina come una prassi che derivava logicamente dall’adesione al movimento spirituale iniziato da Gesù. (Atti 2,42-47). Sfortunatamente ciò non è continuato sino a noi. Che cosa significa una proprietà senza diritti? Questo: ho diritto di possedere il denaro che mi è necessario per assicurare a me e alla mia famiglia una qualità di vita modesta, confortevole e serena ora e in futuro. Tuttavia, non ho il diritto di possedere ciò che va al di là della soddisfazione di queste condizioni. Tutto ciò che possiedo in più o che guadagno in più è un superfluo che non mi appartiene, ma che appartiene di diritto a coloro che non hanno il necessario per vivere. Se serbo per me l’eccedenza accumulata e di cui non ho bisogno, mi approprio di qualcosa che non è mio e divento allora  un truffatore e un ladro.

Molti cristiani, deformati dall’insegnamento tradizionale della Chiesa sul diritto di proprietà, sussulteranno e si rivolteranno davanti al modo evangelico di considerare il denaro e la ricchezza. Il diritto di proprietà è entrato da talmente tanto tempo nelle nostre mentalità e nelle nostre legislazioni, che è percepito da tutti come un evidente diritto giuridico acquisito. In modo che la visione evangelica di un mondo senza cupidigia e senza ricchi e di un amore che si disappropria, donando e condividendo al fine di stabilire una maggiore giustizia e uguaglianza, resterà probabilmente un’utopia e un sogno difficilmente realizzabile in un prossimo futuro. Come molti sogni del Profeta di Nazaret. Ma non è perché la Chiesa è stata infedele alle esigenze del vangelo o perché gli uomini continuano a essere degli egoisti limitati e cupidi che l’insegnamento di Gesù sulla ricchezza e sul denaro perde il suo valore e la sua straordinaria e sorprendente attualità. La messa in pratica di questo insegnamento costituisce un obbligo fondamentale dell’essere cristiani e un ideale al quale i cristiani non possono rinunciare senza rinnegare la loro appartenenza al movimento spirituale originato da Gesù.

Questa etica (non-cristiana) che giustifica e approva il “diritto” di serbare per sé la proprietà dei beni di cui non si ha bisogno è oggi la responsabile principale della disparità delle classi, delle ingiustizie sociali e delle condizioni incredibili di povertà e di disperazione in cui vive una gran parte degli abitanti del pianeta. Nel nostro mondo, questa etica è responsabile del culto della ricchezza, della corsa sfrenata al profitto, della divinizzazione del denaro, diventato il valore supremo e il solo metro su cui è misurata la riuscita di un’impresa o di un individuo. Questa etica è colpevole delle tendenze suicidarie, demenziali e irresponsabili del capitalismo moderno che non prova alcuno scrupolo a saccheggiare le risorse naturali della terra e a distruggere le condizioni che mantengono la vita sul nostro pianeta.

Al giorno d’oggi, grazie al progresso delle nostre conoscenze, si è senza dubbio più atti a comprendere l’assurdità di un comportamento individualista, esclusivamente ripiegato su se stesso, che rifiuta di tener conto dei bisogni del mondo circostante. Questo atteggiamento va in senso contrario a tutta la dinamica di base che struttura il processo creativo ed evolutivo del nostro Universo. I dati della moderna astrofisica così come le conclusioni della fisica quantica ci dicono in effetti che nel cosmo tutto è tenuto insieme da una rete di connessioni intrinseche e che non c’è posto per delle entità “individualiste”. Tutto dipende da tutto. Le forze che sono all’opera nella creazione e nella evoluzione del nostro mondo sono essenzialmente delle energie dette “amorose”. Esse fanno in modo che tutto ciò che esiste deve la sua esistenza al fatto di essere costituito in uno stato di relazione, di dipendenza, di scambio e di allacciamento, con tutto il resto. Le leggi che regolano la “vita” del Cosmo non sono dunque quelle dell’indipendenza, del particolarismo, dell’individualismo, dell’egoismo, della “proprietà privata”, dell’accumulazione per sé, del profitto personale, del “sono io che conto e tanto peggio per gli altri”, ma piuttosto quelle dell’interazione, della partecipazione, della comunicazione, della messa in comune. Bisogna concluderne che, se la nostra società umana non riesce a correggere e ad andare oltre la sbavatura evolutiva della voracità e dell’egoismo per entrare nella corrente cosmica della comunione, dello scambio, della condivisione e della solidarietà tra tutti, diventa un’anomalia cosmica che si precipita demenzialmente verso la propria autodistruzione: essendo disfunzionale e non conforme al “Tutto”, sarà inevitabilmente eliminata come un cancro dalle forze di base che sostengono e preservano il corpo dell’Universo.

Un’ultima osservazione. È sorprendente constatare che la Chiesa ha costruito tutta una dottrina morale ostile alla sessualità, che Gesù non disapprova, mentre essa è permissiva e tollerante verso il denaro e il potere che Gesù rifiuta con tutte le sue forze. Tanto quanto la Chiesa ha chiuso le porte nell’ambito dell’amore e della sessualità, altrettanto le ha spalancate in quello del denaro e del potere. Il dramma della nostra etica occidentale, influenzata da questa dottrina ecclesiastica, consiste nel fatto che essa ha troppo colpevolizzato la passione per il sesso e l’amore e non abbastanza quella per il denaro e il potere. È quest’ultima passione che deve essere considerata come il vero “peccato mortale” dell’uomo. È in effetti il peccato della cupidigia e non il peccato del sesso  la vera disgrazia del mondo, all’origine di quasi tutti i mali che affliggono al giorno d’oggi la nostra umanità. È la cupidigia che costituisce, al giorno d’oggi, il vero “peccato mortale” del nostro mondo.

È da questa « passione » e da questo « peccato » di cui gli uomini hanno soprattutto bisogno d’essere « salvati ».

BM

Testo di BM scritto in francese e tradotto in  italiano da  Elettra Bedon. 

(Per continuare questa riflessione rimando il lettore all’opera di Roger Lenaers : Al is er geen God-in-de-hoge, Kapellen, Belgium, 2009 ; o  alla traduzione  spagnolaAunque no haya un dios ahi arriba, editorial  Abya Yala, Quito, 2013.)


Aucun commentaire:

Enregistrer un commentaire