(Gv. 6, 48-52)
Penso che tutti sono
d’accordo quando si dice che mangiare, prendere un pasto insieme, sedersi
intorno ad una tavola per un buon pranzetto, è una delle azione piu normali, ma
anche una delle esperienze più gratificanti, più soddisfacenti e, senz’altro, più profonde della
nostra vita. Il mangiare non è soltanto un fenomeno fisiologico, ma è anche e
soprattuto un' esperienza emozionale, psicologica e spirituale, che noi ne
siamo coscienti o no. Qual’é il primo momento in cui noi, come essere umani, abbiamo
fatto la prima esperienza dell’amore? Quando, neonati, ci siamo attaccati per
la prima volta al seno materno per la nostra prima poppata. Il bambimo entra
nel mondo gridando e piangendo, spaventato, perduto, solo, separato per sempre
dalla sicurezza e dal calore del corpo materno con il quale fino allora non aveva
fatto che una cosa sola. Ma quando il bambino è allattato, ecco che a contatto
con il seno materno, si sente nuovamente unito alla madre, si sente nuovamente accettato,
sostenuto, cullato, protetto dalla tenerezza e dall’amore materno. Mentre
riceve il suo cibo, mentre si nutre, il neonato vive nel medesimo tempo una
esperienza unica di comunione, d’intimità e d‘amore. E da quel momento in poi
il subconscio di ogni essere umano associerà sempre il mangiare, il nutrirsi, a
qualche cosa di molto più profondo del semplice fatto d’ingurgitare del cibo. Il
cibo, il nutrimento, il pane diventano segno, simbolo dell’amore. E queste due
realtà non saranno mai piu separate.
Infatti quando delle persone mangiano insieme, sedute alla stessa tavola, intorno alla stessa mensa, queste persone non
consumano soltanto del cibo, ma, nel medesimo tempo, stringono tra di loro dei legami ; costruiscono dell’amicizia, della
fraternità, della comunione, si legano di simpatia e d’affetto Invitare una
persona alla propria tavola, è un gesto che va al di là della semplice
cortesia; è un gesto simbolico che vuole notificare a questa persona che noi
non la consideriamo più come uno estraneo o un forestiero, ma che desideriamo
farla entrare nella cerchia delle persone che ci interessano, che ci stanno a
cuore e che ci sono care. Conoscono bene il significato di questo gesto le
coppie di innamorati che si incontrano per la prima volta e che cercano di
concretizzare la simpatia e l’attrazzione che sentono l’uno per l’altro. I
primi approcci di due innamorati si svolgono sempre o intorno ad un caffè e una
brioche presi di sfuggita in un bar o, più seriamente, con una cenetta intima al
lume di candela in un buon restorante. Il mangiare insieme diventa una specie
di linguaggio simbolico per dirsi il desiderio che si sente di vivere insieme.
Si può dire che nel nostro modo di vivere, non c’è amore sincero, amicizia
vera, che non sia stata sigillata da numerosi pasti consumati insieme . Si
direbbe che, noi umani, non riusciamo veramente a fare capire all’altro che gli
vogliamo bene, fin tanto che non siamo riusciti a mangiare con lui; o fin tanto
che non siamo riusciti a preparare in cucina qualche ricetta che gli faccia piacere.
Questo significato profondo
del cibo come segno, espressione e talvolta come sostituto dell’amore può
essere anche osservato in quei fenomeni psicologici che gli psicologi chiamano
problemi emozionali o “nevrosi orali”. Così, per sempio, l’obesità non è
soltanto causata da disfunzionamenti ormonali, dalla ghiottoneria, dalla
golosità e dal fatto che ci si nutre male. Molto spesso, specie nelle persone
giovani, l’obesità è causata da frustazioni o da insoddisfazioni sentimentali.
La ragazza è troppo timida, non riesce ad attirare l’attenzione; non si trova
abbastanza carina o attraente ; magari il sua ragazzo l’ha piantata da poco. Si
sente sciatta, moscia ,trascurata, abbandonata, sola, e questo proprio nel
momento in cui ha maggiormente bisogno d’ affetto, di tenerezze, di premure, di
attenzioni. Allora che cosa fa per sopravvire alla sua frustrazione ?
Incomincia a mangiare. Mangia ogni volta che si sente depressa , frustrata ed
infelice. Si rempie la bocca e lo stomaco, per compensare il vuoto che sente
nel cuore. E dato che si sente continuamente frustrata ed infelice, ecco che mangia
in continuazione. Ed è così che diventa obesa. In questo caso, il cibo diventa
il sostituto orale dell’amore che non riesce ad ottenere. Inconsciamente questa
ragazza regredisce psicologicalemente allo stadio “orale” del neonato che cerca
nel latte materno ed in tutto ciò che si mette in bocca, la protezione e
l’amore di cui ha bisogno per vivere .
Anche l’alcolismo possiede
una dimensione orale. La persona alcolizzata beve per dimenticare le sue
frustazioni, i suoi sbagli, la sua sensazione di inadeguatezza e d’inferiorità.
Inconsciamente ,anche lei cerca, con la bocca, l’amore e la sicurezza che aveva
conosciuto quando era bambino . Gli psichiatri dicono che anche l’abitudine di
fumare può essere interpretata come una forma di nevrosi orale, come un
tentativo cioè di ricatturare la sensazione di calore e di benessere che
provavamo quando succhiavamo il seno materno. La sigaretta, il sigaro, la pipa,
sono per gli adulti ciò che è per il bambino succhiare il seno o succhiarsi il pollice:
dei surrogati del cibo e del latte materno; degli espedienti per sentire sicurezza
e pace. In un parola: dei sostituti dell’amore.
Cibarsi
è dunque una esperienza umana profonda sotto ogni punto di vista : fisiologico,
emotivo, psicologico e spirituale. Soltanto se riusciamo a tenere presente il
senso profondo di questo gesto, riusciremo forse a capire un po’ meglio ciò che
il vangelo di Giovanni vuol dire quando mette sulle labbra di Gesù questa
frase: “Io sono il pane di vita . Io sono, cioè, il cibo che vi fa vivere”.
L’autore
di questo vangelo sa molto bene che il pan , il cibo, il mangiare, sono dei
simboli dell’amore, perchè soltanto l’amore è il cibo che ci permette di vivere.
Togliete l’amore dalla vita di una persona e la vedrete immancabilmente perdere
a poco a poco la sua vitalità, la sua voglia di vivere; la vedrete diventare
triste, sconsolata, depressa; la vedrete appassire come un fiore che non riceve
più acqua e nutrimento. Come il pane (il cibo) riempie fisicamente il nostro
corpo, così l’amore riempie psicologicamente la nostra vita. Come il pane (il
cibo) sostiene le nostre forze fisiche e dà al corpo il vigore di cui ha bisogno
per resistere allo sforzo e agli attacchi della malattia, così l’amore ci dà lo
slancio e l’energia psicologica e spirituale di cui abbiamo bisogno per
affrontare le vicissutudini dell’esistenza con gioia ed entusiasmo. E dunque quando nel vangelo
il Cristo afferma d’ essere il pane, il cibo che dà la vita, egli avanza una
pretesa inaudita: si presenta come colui che possiede il potere di soddisfare i
bisogni più profondi e piu essenziali di ogni vita umana. Egli si presenta come
colui che, nella sua vita, ha saputo amare meglio e più di qualsiasi altra
persona e come la manifestazione stessa (o meglio l’incarnazione visibile)
dell’amore di Dio in mezzo a noi . Egli si presenta come colui che ci permette
di vivere una via più felice e più compiuta, insegnandoci e dandoci la capacità
e il potere di amare come lui ha amato.
Il
pane che ci fa vivere non lo troviamo nei soldi, nel benessere materiale, nel prestigio,
nel potere, nel successo, nella fama o nell’importanza sociale; non lo troviamo
negli svaghi, nelle vacanze, nelle distrazioni, nei divertimenti... perchè le
persone che hanno beni, soldi, potere, piaceri, continuano sempre ad essere
delle persone insicure, sole, insoddisfatte, ansiose, infelici... nonostante
tutto quello che hanno e nonostante tutto quello di cui godono. Il cibo che mangiano
non riesce a soddisfarle ... Continuano ad aver fame e a cercare il pane
miracoloso che potrebbe finalmente saziarle . Noi tutti abbiamo fame di un cibo
che non passa, che non perisce; abbiamo fame e sete di una felicità e di un
benessere che dura, di una esistenza che sia come assicurata contro gli assalti
della delusione, della depressione, del fallimento, della sofferenza. Ma come
fare, dove andare, a chi rivolgerci per trovare il cibo miracoloso che ci può
procurare un po’ più di felicità ? “Io sono il pane che fa vivere. E chi viene
a me non avrà più fame”.
Questa affirmazione di Gesù
è vera o è soltanto una pretesa senza fondamento? Esiste davvero nel mondo una
forza, un potere, una energia che riesce
a nutrire e a saziare la nostra vita, al punto da non desiderare più nient’altro e
da sentirci pienamente realizzati, felici e soddisfatti? Questo pane di vita,
questo elisir di felità, non è un
miraggio, una illusione, un sogno assurdo, un prodotto della nostra bramosia di
successo e di felicità ? C’è mai stato qualcuno, in tutta la storia del mondo, che
sia stato capace di realizzarsi così pienamente come uomo, da poter dire di lui
che è un uomo perfetto, perchè é stato capace di raggiungere la perfezione
dell’amore e una piena felicità ?
Ebbene, noi cristiani
crediamo che questo uomo è esistito davvero e che si chiama Gesù di Nazaret. Ma
noi crediamo anche che Gesù è riuscito a diventare quell’uomo perfetto che è
stato, perchè è stato capace di aprirsi interamente a Dio e di lasciarsi
totalmente lavorare e trasformare dall’azione del suo Spirito. L’azione potente
di Dio nella vita di Gesù ha trasformato l’uomo di Nazaret nel Cristo di Dio
Gesù è il Cristo, non soltanto perchè nella sua vita è all’opera tutta la
potenza dello spirito di Dio, ma sopratutto perchè egli esprime e rivela con la
sua vita la presenza dell’amore (di Dio) nel mondo. È dunque in quanto Cristo che egli può
dire: “Io sono il pane della vita. Io rappresento l’amore che vi permette di
vivere . Io vi posso dire, vi posso insegnare , vi posso dimostra re come deve
amare e che cosa deve amare una persona per vivere una vita piena di senso.
Senza di me , senza il mio aiuto sarete condannati ad avere sempre fame e sete.
Se non mi prendete come esempio non riuscirete mai a soddisfare il vostro
bisogno d’amore, il vostro appetito, il vostro desiderio di sicurezza, di pace
e di felicità.”
Ed è in questo senso che il Cristo è anche
il nostro salvatore. Dicendoci come
amare, egli ci ci dice come fare per realizzarci ed essere felici. Ed in questo
modo ci salva dalla delusione, dalla disperazione , dallo sconforto, dalla
tristezza, dall’angoscia, dalla paura che noi abbiamo di non riuscire a
realizzarci e ad essere felici.
L’amore è ciò che ci
permette di vivere e di esistere come persone. L’amore è ciò che fa di noi
degli esseri umani; è ciò che costruisce la nostra umanità. Senza amore, noi
diventiamo inumani, perchè ci facciamo facilmente travolgere dalle violenza
dell’odio che ci rende crudeli, malvagi e selvaggi come delle bestie. L’amore è
dunque il pane che dobbiamo mangiare ogni giorno, se vogliamo crescere in
umanità ed in santità davanti a Dio e davanti agli uomini . E ogni volta che
noi ci facciamo guidare dall’amore, ogni volta che noi troviamo l’amore,
troviamo, in un certo senso, il nostro salvatore. È soltanto perchè questo
amore era presente in Gesu di Nazaret, che noi gli possiamo attribuire il
titolo di Salvatore. E se la forza e la pienezza dell’amore, come l’
abbiamo visto in Gesù, riesce a varcare i tempi (a sopravvivere nel tempo), a
giungere fino a noi e a invadere la nostra vita, allora possiamo affermare, in
tutta verità, che egli è davvero il Cristo di Dio. Se al suo contatto,
se introducendolo nella nostra vita, noi riusciamo ad amare meglio, ad amare di
più, ad aver più forza e più energia nei dolori e nelle difficoltà della vita e
se riusciamo di conseguenza a vivere una esistenza più completa, più compiuta e
più felice, allora dobbiamo credere ch egli è davvero per noi il pane di
vita, il cibo che ci fa vivere...
E
quando noi, come comunità di credenti, ci riuniamo, la domenica, intorno alla
mensa eucaristica non lo facciamo soltanto per esprimere con questo rito che
siamo una grande famiglia e che siamo dunque uniti tutti insieme dai legami
dell’ amicizia, della fraternità, della concordia, della simpatia e
dell’affetto, come dei commensali intorno ad una tavola imbandita; ma ci riuniamo
intorno alla stessa tavola, sopratutto per nutrirci di Cristo. Quando
noi ci alziamo per andare a mangiare il pane eucaristico, con quel gesto noi
vogliamo esprimere la nostra volontà di
fare com-unione con Gesù, il Cristo di
Dio e di nutrirci, come lui, del pane di vita, che altro non è che
l’amore di Dio nei nostri cuori.
Con quel gesto vogliamo esprimere il nostro
desiderio, la nostra intenzione di introdurre anche nella nostra vita lo
spirito e la forza d’amore che ha trasformato la vita di Gesù e che lo ha
spinto a sacrificare la sua vita per gli
altri. Attraverso quel gesto di comunione, vogliamo dire che anche noi siamo
disposti a dare la nostra vita per gli altri e a vivere in quell’amore che dà
senso alla vita e nel quale soltanto si trova il segreto della felicità.
(Testo di John Shelby Spong, estratto dal suo libro This
Hebrew Lord, tradotto e adattato da Bruno Mori)
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