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dimanche 16 août 2015

“Io sono pane di vita. Chi viene a me non avrà più fame “

 (Gv. 6, 48-52)

Penso che tutti sono d’accordo quando si dice che mangiare, prendere un pasto insieme, sedersi intorno ad una tavola per un buon pranzetto, è una delle azione piu normali, ma anche una delle esperienze più gratificanti, più soddisfacenti e, senz’altro, più profonde della nostra vita. Il mangiare non è soltanto un fenomeno fisiologico, ma è anche e soprattuto un' esperienza emozionale, psicologica e spirituale, che noi ne siamo coscienti o no. Qual’é il primo momento in cui noi, come essere umani, abbiamo fatto la prima esperienza dell’amore? Quando, neonati, ci siamo attaccati per la prima volta al seno materno per la nostra prima poppata. Il bambimo entra nel mondo gridando e piangendo, spaventato, perduto, solo, separato per sempre dalla sicurezza e dal calore del corpo materno con il quale fino allora non aveva fatto che una cosa sola. Ma quando il bambino è allattato, ecco che a contatto con il seno materno, si sente nuovamente unito alla madre, si sente nuovamente accettato, sostenuto, cullato, protetto dalla tenerezza e dall’amore materno. Mentre riceve il suo cibo, mentre si nutre, il neonato vive nel medesimo tempo una esperienza unica di comunione, d’intimità e d‘amore. E da quel momento in poi il subconscio di ogni essere umano associerà sempre il mangiare, il nutrirsi,  a qualche cosa di molto più profondo del semplice fatto d’ingurgitare del cibo. Il cibo, il nutrimento, il pane diventano segno, simbolo dell’amore. E queste due realtà non saranno mai piu separate.

Infatti quando delle persone mangiano insieme, sedute alla stessa tavola, intorno alla stessa mensa, queste persone non consumano soltanto del cibo, ma, nel medesimo tempo, stringono tra di loro dei  legami ; costruiscono dell’amicizia, della fraternità, della comunione, si legano di simpatia e d’affetto Invitare una persona alla propria tavola, è un gesto che va al di là della semplice cortesia; è un gesto simbolico che vuole notificare a questa persona che noi non la consideriamo più come uno estraneo o un forestiero, ma che desideriamo farla entrare nella cerchia delle persone che ci interessano, che ci stanno a cuore e che ci sono care. Conoscono bene il significato di questo gesto le coppie di innamorati che si incontrano per la prima volta e che cercano di concretizzare la simpatia e l’attrazzione che sentono l’uno per l’altro. I primi approcci di due innamorati si svolgono sempre o intorno ad un caffè e una brioche presi di sfuggita in un bar o, più seriamente, con una cenetta intima al lume di candela in un buon restorante. Il mangiare insieme diventa una specie di linguaggio simbolico per dirsi il desiderio che si sente di vivere insieme. Si può dire che nel nostro modo di vivere, non c’è amore sincero, amicizia vera, che non sia stata sigillata da numerosi pasti consumati insieme . Si direbbe che, noi umani, non riusciamo veramente a fare capire all’altro che gli vogliamo bene, fin tanto che non siamo riusciti a mangiare con lui; o fin tanto che non siamo riusciti a preparare in cucina qualche ricetta che gli faccia piacere.


Questo significato profondo del cibo come segno, espressione e talvolta come sostituto dell’amore può essere anche osservato in quei fenomeni psicologici che gli psicologi chiamano problemi emozionali o “nevrosi orali”. Così, per sempio, l’obesità non è soltanto causata da disfunzionamenti ormonali, dalla ghiottoneria, dalla golosità e dal fatto che ci si nutre male. Molto spesso, specie nelle persone giovani, l’obesità è causata da frustazioni o da insoddisfazioni sentimentali. La ragazza è troppo timida, non riesce ad attirare l’attenzione; non si trova abbastanza carina o attraente ; magari il sua ragazzo l’ha piantata da poco. Si sente sciatta, moscia ,trascurata, abbandonata, sola, e questo proprio nel momento in cui ha maggiormente bisogno d’ affetto, di tenerezze, di premure, di attenzioni. Allora che cosa fa per sopravvire alla sua frustrazione ? Incomincia a mangiare. Mangia ogni volta che si sente depressa , frustrata ed infelice. Si rempie la bocca e lo stomaco, per compensare il vuoto che sente nel cuore. E dato che si sente continuamente frustrata ed infelice, ecco che mangia in continuazione. Ed è così che diventa obesa. In questo caso, il cibo diventa il sostituto orale dell’amore che non riesce ad ottenere. Inconsciamente questa ragazza regredisce psicologicalemente allo stadio “orale” del neonato che cerca nel latte materno ed in tutto ciò che si mette in bocca, la protezione e l’amore di cui ha bisogno per vivere .

Anche l’alcolismo possiede una dimensione orale. La persona alcolizzata beve per dimenticare le sue frustazioni, i suoi sbagli, la sua sensazione di inadeguatezza e d’inferiorità. Inconsciamente ,anche lei cerca, con la bocca, l’amore e la sicurezza che aveva conosciuto quando era bambino . Gli psichiatri dicono che anche l’abitudine di fumare può essere interpretata come una forma di nevrosi orale, come un tentativo cioè di ricatturare la sensazione di calore e di benessere che provavamo quando succhiavamo il seno materno. La sigaretta, il sigaro, la pipa, sono per gli adulti ciò che è per il bambino succhiare il seno o succhiarsi il pollice: dei surrogati del cibo e del latte materno; degli espedienti per sentire sicurezza e pace. In un parola: dei sostituti dell’amore.
            Cibarsi è dunque una esperienza umana profonda sotto ogni punto di vista : fisiologico, emotivo, psicologico e spirituale. Soltanto se riusciamo a tenere presente il senso profondo di questo gesto, riusciremo forse a capire un po’ meglio ciò che il vangelo di Giovanni vuol dire quando mette sulle labbra di Gesù questa frase: “Io sono il pane di vita . Io sono, cioè, il cibo che vi fa vivere”.  
            L’autore di questo vangelo sa molto bene che il pan , il cibo, il mangiare, sono dei simboli dell’amore, perchè soltanto l’amore è il cibo che ci permette di vivere. Togliete l’amore dalla vita di una persona e la vedrete immancabilmente perdere a poco a poco la sua vitalità, la sua voglia di vivere; la vedrete diventare triste, sconsolata, depressa; la vedrete appassire come un fiore che non riceve più acqua e nutrimento. Come il pane (il cibo) riempie fisicamente il nostro corpo, così l’amore riempie psicologicamente la nostra vita. Come il pane (il cibo) sostiene le nostre forze fisiche e dà al corpo il vigore di cui ha bisogno per resistere allo sforzo e agli attacchi della malattia, così l’amore ci dà lo slancio e l’energia psicologica e spirituale di cui abbiamo bisogno per affrontare le vicissutudini dell’esistenza  con gioia ed entusiasmo. E dunque quando nel vangelo il Cristo afferma d’ essere il pane, il cibo che dà la vita, egli avanza una pretesa inaudita: si presenta come colui che possiede il potere di soddisfare i bisogni più profondi e piu essenziali di ogni vita umana. Egli si presenta come colui che, nella sua vita, ha saputo amare meglio e più di qualsiasi altra persona e come la manifestazione stessa (o meglio l’incarnazione visibile) dell’amore di Dio in mezzo a noi . Egli si presenta come colui che ci permette di vivere una via più felice e più compiuta, insegnandoci e dandoci la capacità e il potere di amare come lui ha amato.


            Il pane che ci fa vivere non lo troviamo nei soldi, nel benessere materiale, nel prestigio, nel potere, nel successo, nella fama o nell’importanza sociale; non lo troviamo negli svaghi, nelle vacanze, nelle distrazioni, nei divertimenti... perchè le persone che hanno beni, soldi, potere, piaceri, continuano sempre ad essere delle persone insicure, sole, insoddisfatte, ansiose, infelici... nonostante tutto quello che hanno e nonostante tutto quello di cui godono. Il cibo che mangiano non riesce a soddisfarle ... Continuano ad aver fame e a cercare il pane miracoloso che potrebbe finalmente saziarle . Noi tutti abbiamo fame di un cibo che non passa, che non perisce; abbiamo fame e sete di una felicità e di un benessere che dura, di una esistenza che sia come assicurata contro gli assalti della delusione, della depressione, del fallimento, della sofferenza. Ma come fare, dove andare, a chi rivolgerci per trovare il cibo miracoloso che ci può procurare un po’ più di felicità ? “Io sono il pane che fa vivere. E chi viene a me non avrà più fame”.
Questa affirmazione di Gesù è vera o è soltanto una pretesa senza fondamento? Esiste davvero nel mondo una forza, un potere,  una energia che riesce a nutrire e a saziare  la nostra vita,  al punto da non desiderare più nient’altro e da sentirci pienamente realizzati, felici e soddisfatti? Questo pane di vita, questo elisir di felità, non è  un miraggio, una illusione, un sogno assurdo, un prodotto della nostra bramosia di successo e di felicità ? C’è mai stato qualcuno, in tutta la storia del mondo, che sia stato capace di realizzarsi così pienamente come uomo, da poter dire di lui che è un uomo perfetto,  perchè é  stato capace di raggiungere la perfezione dell’amore e una piena felicità ?

Ebbene, noi cristiani crediamo che questo uomo è esistito davvero e che si chiama Gesù di Nazaret. Ma noi crediamo anche che Gesù è riuscito a diventare quell’uomo perfetto che è stato, perchè è stato capace di aprirsi interamente a Dio e di lasciarsi totalmente lavorare e trasformare dall’azione del suo Spirito. L’azione potente di Dio nella vita di Gesù ha trasformato l’uomo di Nazaret nel Cristo di Dio Gesù è il Cristo, non soltanto perchè nella sua vita è all’opera tutta la potenza dello spirito di Dio, ma sopratutto perchè egli esprime e rivela con la sua vita la presenza dell’amore (di Dio) nel mondo. È  dunque in quanto Cristo che egli può dire: “Io sono il pane della vita. Io rappresento l’amore che vi permette di vivere . Io vi posso dire, vi posso insegnare , vi posso dimostra re come deve amare e che cosa deve amare una persona per vivere una vita piena di senso. Senza di me , senza il mio aiuto sarete condannati ad avere sempre fame e sete. Se non mi prendete come esempio non riuscirete mai a soddisfare il vostro bisogno d’amore, il vostro appetito, il vostro desiderio di sicurezza, di pace e di felicità.”
Ed è in questo senso che il Cristo è anche il nostro salvatore.  Dicendoci come amare, egli ci ci dice come fare per realizzarci ed essere felici. Ed in questo modo ci salva dalla delusione, dalla disperazione , dallo sconforto, dalla tristezza, dall’angoscia, dalla paura che noi abbiamo di non riuscire a realizzarci e ad essere felici.


L’amore è ciò che ci permette di vivere e di esistere come persone. L’amore è ciò che fa di noi degli esseri umani; è ciò che costruisce la nostra umanità. Senza amore, noi diventiamo inumani, perchè ci facciamo facilmente travolgere dalle violenza dell’odio che ci rende crudeli, malvagi e selvaggi come delle bestie. L’amore è dunque il pane che dobbiamo mangiare ogni giorno, se vogliamo crescere in umanità ed in santità davanti a Dio e davanti agli uomini . E ogni volta che noi ci facciamo guidare dall’amore, ogni volta che noi troviamo l’amore, troviamo, in un certo senso, il nostro salvatore. È soltanto perchè questo amore era presente in Gesu di Nazaret, che noi gli possiamo attribuire il titolo di Salvatore. E se la forza e la pienezza dell’amore, come l’ abbiamo visto in Gesù, riesce a varcare i tempi (a sopravvivere nel tempo), a giungere fino a noi e a invadere la nostra vita, allora possiamo affermare, in tutta verità, che egli è davvero il Cristo di Dio. Se al suo contatto, se introducendolo nella nostra vita, noi riusciamo ad amare meglio, ad amare di più, ad aver più forza e più energia nei dolori e nelle difficoltà della vita e se riusciamo di conseguenza a vivere una esistenza più completa, più compiuta e più felice, allora dobbiamo credere ch egli è davvero per noi il pane di vita, il cibo che ci fa vivere...  
            E quando noi, come comunità di credenti, ci riuniamo, la domenica, intorno alla mensa eucaristica non lo facciamo soltanto per esprimere con questo rito che siamo una grande famiglia e che siamo dunque uniti tutti insieme dai legami dell’ amicizia, della fraternità, della concordia, della simpatia e dell’affetto, come dei commensali intorno ad una tavola imbandita; ma ci riuniamo intorno alla stessa tavola, sopratutto per nutrirci di Cristo. Quando noi ci alziamo per andare a mangiare il pane eucaristico, con quel gesto noi vogliamo esprimere la nostra volontà  di fare com-unione con Gesù,  il Cristo di Dio e di nutrirci, come lui, del pane di vita, che altro non è che l’amore di Dio nei nostri cuori.
Con quel gesto vogliamo esprimere il nostro desiderio, la nostra intenzione di introdurre anche nella nostra vita lo spirito e la forza d’amore che ha trasformato la vita di Gesù e che lo ha spinto  a sacrificare la sua vita per gli altri. Attraverso quel gesto di comunione, vogliamo dire che anche noi siamo disposti a dare la nostra vita per gli altri e a vivere in quell’amore che dà senso alla vita e nel quale soltanto si trova il segreto della felicità.





(Testo di John Shelby Spong, estratto dal suo libro This Hebrew Lord, tradotto e adattato da Bruno Mori)


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