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jeudi 7 mai 2015

Io sono la vite vera


(Jn 15, 1-8)


Per capire questo testo del vangelo di Giovanni, dobbiamo rifarci alla Bibbia. Nella Bibbia Dio è spesso presentato come il padrone di una vigna. Questa vigna che Dio possiede e che coltiva   con premura è l'immagine del popolo ebreo. Nella Bibbia però il popolo ebreo appare sempre come il popolo eletto, scelto e preferito da Dio. Tuttavia, malgrado le cure  e le attenzioni  di  Dio, la  vigna delude le sue aspettative. Il popolo ebreo è stato dunque una vigna che non è riuscita a produrre del buon vino e che non ha saputo soddisfare il suo Padrone .

Nel testo del vangelo di oggi, l’evangelista Giovanni presenta Gesù come la vigna buona che finalmente corrisponde alla attese del suo divin viticultore. Gesù è la vite che produce finalmente i risultati che Dio aspetta. Presentando Gesù come la  vite buona  il vangelo vuole affermare che per noi cristiani Gesù è l’uomo che ha saputo corrispondere in tutto ai desideri di Dio. Vuole insegnare che ormai l’autentico essere eletto, l’autentico essere scelto e amato da Dio, non è più il popolo ebreo, ma questo ebreo di Nazaret, nel quale Dio ha posto tutte le sue compiacenze. Il vangelo di Giovanni vuole insegnare ai cristiani che, per loro, soltanto Gesù è il vero Israele di Dio, la vera vigna di Dio, quella che ha saputo soddisfare il suo padrone perchè ha prodotto del buon vino della fedeltà, della fiducia e del dono di sè nell’amore.


Il vangelo di oggi interpella ognuno di noi. È come se ci dicesse :”Volete vedere un uomo vero? Volete sapere come si deve vivere, agire per diventare una persona autentica, riuscita umanamente e spiritualmente ? Ebbene, guardate Gesù ! Egli è un capolavoro d' umanità. È a lui che dovrebbe assimigliare ogni essere umano. Egli è l’uomo che ha saputo realizzarsi completamente secondo i desideri e le attese di Dio.

Dunque, ci dice il vangelo di oggi, se anche voi volete crescere in umanità se volete comportarvi da persone e non da bestie; se volete far progredire e salvare il mondo in cui vivete, invece di rovinalo e di distrugerlo,come state facendo..., avete interesse a frequentare e a stare vicino a quest’uomo ad attaccarvi a lui, a lasciarvi ispirare, guidare, influenzare dalla sua parola, dal suo insegnamento, dal suo esempio e dal suo spirito, proprio come il tralcio deve rimanere attaccato alla vite se vuole avere ciò di cui ha bisogno per vivere, fiorire e portar frutto.

Il vangelo di oggi attraverso l’immagine poetica e incisiva della vite e del tralcio far capire a noi cristiani che senza questo legame e questa comunione con lo spirito di Gesù, rischiamo di perderci nel labirinto dell’esistenza e di fallire lo scopo della nostra vita. Infatti senza referenza a questo modello che potremo chiamare “divino” d’umanità, noi siamo come una nave senza bussola, come una lampada senza luce, una pianta senza linfa, un fiore senza colore. “Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me, viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano”, perchè non serve a niente e non vale nulla.

Questo brano del vangelo di Giovanni vuole essere un invito a riflettere su una scomoda verità, conosciuta ad ogni vignaiolo: affinchè la vite porti frutto, occorre potarla. L'avete mai visto una vite potata? Fa impressione vedere come piange ! La "lacrima" della linfa sgorgano dal taglio come sangue da una ferita. Eppure quel gesto è davvero necessario: il tralcio, accorciato nel punto giusto, concentra tutte le sue energie nel futuro grappolo d'uva. La vita che si pota , che si taglia in continuazione è una immagine della nostra esistenza. Di quanti tagli, lacrime, sofferenze, delusioni, dispiaceri, malattie, lutti, periodi "giù …è intessuta la nostra esistenza! È inevitabile, e lo sappiamo, anche se il più delle volte ci ribelliamo, ci intristiamo. Ma la sofferenza serve a renderci coscienti della nostra umanità; serve a farci toccare con mano il fatto che siamo degli esseri deboli, vulnerabili, provvisori, soli; serve a farci capire che dobbiamo agganciarci a qualcuno e a qualcosa di più grande di noi, di più forte di noi, di più duraturo di noi, se vogliamo farcela,se vogliamo cavarcela; se non vogliamo precipitare nello scoraggiamento, nell’angoscia, nella depressione d’una esistenza vissuta senza entusiasmo, senza fiato, senza gioia, senza slancio, perchè senza scopo e senza senso. Rimanete dunque attaccati e aggrappati a Lui - esorta il vangelo di oggi - e vedrete che la vostra vita acquisterà non solo profondità, ma anche altezza... e allora si apriranno davanti a voi orizzonti insospettati e paesaggi nuovi, visibili soltanto per coloro che guardano la realtà attraverso gli occhi di Gesù di Nazaret.



BM 

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