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lundi 26 décembre 2016

PER MEDITARE IL NATALE



            «Vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il po­polo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvato­re, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia» (Lc 2,10-12). È l'annuncio degli angeli ai pastori, la buo­na novella del Natale che ogni anno si rinnova per noi. Ma cosa significa riconoscere che Gesù è nato? Ed è nato per noi?

            Ogni nascita evoca anzitutto l'emozione di poter usci­re; pensiamo: il fiore esce dallo stelo, il passero dall'uo­vo, un bimbo dal seno materno. Anche Gesù “esce”. Esce dal grembo di Maria, come è uscito dal seno del Padre. Questo suo duplice uscire ha due ragioni profonde: Gesù esce dal Padre per rivelarlo a noi ; esce, poi, dal grembo di Maria per essere uno di noi, solidale con noi. Celebrare il Natale di Cristo significa allora aprirci a questa duplice e verità: aprirci  a Dio e aprirci all’uomo, cioè al nostro prossimo; diiventare delle persone capaci di far nascere relazoni.

            Ogni nascita richiama la nudità. Ogni bimbo  che  nasce  entra in questo mondo nudo. Gesù è nato nudo. La nudità ci rimanda alla fragilità, al bisogno, alla po­vertà. Con la nudità ognuno di noi è esposto all'acco­glienza o al rifiuto. E Gesù, fin da piccolo, sarà accolto e rifiutato. A ben guardare, egli non solo è nato nudo ma, po­tremmo dire, è rimasto nudo davanti al mondo tutta la sua vita Egli, infatti, non ha mai voluto vestirsi dei nostri orpelli,dei nostri valori fasulli,  di  tutte quelle cose che noi consideramo necessarie  alla nostra felicità o indispensabili per sentirci delle persone arrivate, riuscite, importani: possedimenti, soldi, potere, influenza, onori, prestigio umano e tanti e tanti  bisogni che ci schiavizzano e tanti e tanti oggetti e cianfrusaglie  inutili o superflui che ci trasciniamo dietro con tanto sforzo, perchè non fanno altro che  appesantire la nostra  esistenza  e impedirci di essere liberi e più  leggeri  per poter volare più  in alto, invece di strisciare incollati al suolo.

            Gesù è sempre  stato  privo dei nostri inutili rivestimenti umani: privo di tutte quelle vanità, di tut­ti quei segni esteriori che ai nostri occhi appaiono importanti per distinguerci dal nostro prossimo. Chi più libero di Gesù? Il Natale deve riportarci non solo ad uno stile di vita più semplice e più sobrio, ma anche a recuperare i valori umani  che abitano in noi. Vale sempre il richiamo di Leone Magno: «Riconosci, cristia­no, la tua dignità». La sola dignità del cristiano è quella di essere figlio di Dio e fratello di ogni uomo.

            Se ogni nascita evoca esodo e nudità, evoca anche solitudine. Il bambino che nasce, per la sua singolarità, è sempre un figlio unico. Diventerà poi adulto nella misura in cui as­sumerà questa sua originalità. Il valore di un'esistenza non dipende allora dal riconoscimento o meno degli altriè dentro di sé che l'uomo scopre il valore della sua persona e la ra­gione del suo essere ed operare. Ma questa scoperta im­plica il rifiuto di ogni omologazione, il rifiuto di tutte quelle mode o tendenze culturali che annullano il valore e la dignità della persona umana. Questa scoperta ci spinge ad essere degli esemplari unici e non delle copie; a scegliere il nostro cammino, il nostro destino, a non essere succubi del sistema, a non lasciarsi trasportare dalla corrente, dalle mode, dal così fan tutti, dall’invadenza di una publicità quasi sempre stupida ed insensata che cerca di programmarci, di robotizzarci per obbligarci a cedere agli impulsi più insulsi della nostra avidità e della nostra cupidigia.

         Certo, questa libertà ìnteriore, non è facile d’acquisire ed ha talora un prezzo alto, esigente. Pensiamo a Gesù, alla sua obbedienza al disegno di Dio. Per la sua fedeltà, egli è stato dapprima incompreso dai suoi familiari, poi rifiutato dalle folle, osteggiato dal potere ci­vile e religioso, e, in fine, abbandonato dai discepoli. Ep­pure, questa sua coerenza con se stesso, con le sue convinzioni; questa sua fedeltà a quei valori e principi che egli considerava provenienti da una volontà divina, sono state la dimostrazione più eloquente del suo impegno umano a favore degli uomini. Gesù non ha avuto paura di deludere, non è sceso a com­promessi, non ha ammorbidito la buona novella del Regno. Non importa se per questo era considerato un paz­zo, un fallito e un illuso. Fedele al Padre e agli uomini ha dimostrato così di essere fedele a se stesso.

            Tutto a il mistero de Natale è rinchiuso in questa frase del  prologo del  vangelo di Giovanni  che dice: « Ed Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi » (Gv 1,14), che tradotto in linguaggio moderno dice  “la Parola d’amore  di Dio (il Verbo) si è  inserita nella fragilià del cuore umano, ed ora l’amore di Dio è presente in  noi ed in mezzo a noi”
Il bimbo di Bethemme è allora  il simbolo e l’ncarnazione  di ciò  che è  o che  dovrebbe essere ogni uomo: presenza e luogo privilegiato dell’amore in vista  della trasfiguraione e trasformazone  del mondo
           
            In fondo, celebrare il Natale vuol dire decidersi per una scelta fondamentale, irrevocabile, che ha ripercussioni su tutte le altre scelte: quella della nostra umanizzazione. Quando si chiede ad un bambino: «Che cosa farai da grande?», la risposta più comune è: «Calciatore, avvocato, medico, ingegnere...». Difficilmente il bambino risponde: «Voglio diventare un uomo!». Il Natale ci dice  la grandezza dell’uomo. Il Natale ci racconta il mistero di Dio che si veste di umanità, facendosi l'ultimo di tutti gli uomini, il più povero, il più emarginato, il più indifeso. Gesù si presenta con le braccia allargate nella mangiatoia di Betlemme e sulla  croce per indicare l’abbraccio, l’accoglienza  che dovrebbero  essere le attitidini tipiche  d’ogni persona, creata per spandere nell’universo quell' amore che Dio-Padre le ha dato come suo unico bene e sua sola  eredità.
           
            L’uomo d’oggi ha dunque più che mai bisogno d’andare a Betlemme per ritrovare sé stesso, perché mai come ora è messa in discussione la verità circa la persona umana. Gesù è la luce che rivela il senso del rapporto con Dio, con gli altri, con sé stessi e con il creato. L’essenziale non è cosa ci ha portato qui stanotte, ma cosa siamo disposti a recepire dal mistero del Natale. Qui si celebra  Dio diventato persona umana perché noi, finalmente, impariamo a riconoscere la nostra origine, la  nostra funzione nel mondo  e la nostra mèta. Deve essere splendida la vita e grande la nostra dignità, se Dio entra nella fragilità della nostra condizione umana e vuole aver bisogno di noi per portare a termine la sua creazione !  Ecco perché  il Natale  è  festa  per  tutti,  anche per chi frequenta la Chiesa solo in questa occasione. Il suo mistero ci confronta necessariamente alla verità del nostro essere: ci ricorda infatti da dove veniamo, di che cosa  siamo fatti,  qual’è la ragione della nostra presenza e della nostra esitenza in questo mondo: energie intelligenti d’armonia, d’attrazzione  e d’amore  che guidano l’universo verso la  sua perfezione ed il suo compimento.


BM

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